Nel conclave che ha eletto Papa
Francesco c’era anche lui, Wilfrid Fox Napier, l’Arcivescovo di Durban, Sud
Africa. Settantatre anni, nero e con una visione tutta sua della pedofilia.
In una intervista
rilasciata il 16 marzo all’emittente inglese BBC, ha acclarato la dimensione
tutta psicologica della pedofilia, considerandola un disordine mentale che deve
essere curato, non punito. Un’altra perla nella collana di affermazioni
imbarazzanti sostenute da preti riguardo la pedofilia ecclesiastica.
“Se io, normale essere umano” –
ha spiegato Fox Napier, “scelgo di infrangere la legge, sapendo di farlo,
allora ritengo che la punizione sia giusta”. Ma un pedofilo, secondo
l’Arcivescovo, non sa di infrangere la legge, perché non è in grado di
controllare né arginare quella che è una malattia mentale. “Non venitemi a dire
che quelle persone [i pedofili, ndr]
sono responsabili di fronte alla legge come chi decide consapevolmente di
infrangerla. Non penso che sia davvero possibile prendere posizione e dire che
quella persona merita di essere punita”.
La pedofilia è una forma di disturbo
della sessualità, che accorda preferenza erotica al bambino che non può essere individuo
consenziente per via della sua età. La pedofilia è uno stupro, e dunque anche un reato criminale, e per tanto va
punito di conseguenza, con la detenzione e tutte le misure del caso
(allontanamento da luoghi frequentati da bambini, per esempio). Non secondo
l’arcivescovo, per il quale in seguito ad un periodo di cura, l’individuo può
essere riabilitato in quanto guarito. E nel caso di un prete pedofilo, quale
sarebbe il suo luogo di riabilitazione? Di nuovo la Chiesa? La struttura a cui
i cristiani affidano l’educazione morale dei propri figli, stimolandone ed
incoraggiandone la frequentazione?
Fox Napier ammettere di conoscere
almeno due preti che hanno compiuto atti di pedofilia dopo esser stati essi
stessi violentati in tenera età. Nelle argomentazioni dell’ex-papabile, questo
esempio dovrebbe confermare la dimensione mentale del fenomeno, che necessita
di cure mediche e niente più. Sembra invece darsi una zappa sul piede
l’Arcivescovo: fatti come questo rendono ancora più evidente la necessità di
punire, oltre che curare, soggetti di questo tipo. Il ciclo che trasforma la vittima in carnefice
deve essere interrotto.
Un concetto che dovrebbe essere fondamentale
per qualsiasi uomo di chiesa. E che dovrebbe essere particolarmente importante
per qualunque sud africano, dato che in Sud Africa più di un decimo della
popolazione è affetta da HIV, ovvero più di 5 milioni e mezzo di persone.