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martedì 22 gennaio 2013

Eritrea: ammutinamento contro il governo


Pubblicato su Meridiani Relazioni Internazionali il 22 gennaio 2013.

Autore: Marco Zoppi





Tentativo di colpo di Stato in Eritrea, ieri 21 gennaio. La notizia è stata confermata dalle principali emittenti internazionali, ma i dettagli sono circolati col contagocce al di qua della cortina eritrea.
Secondo le prime ricostruzioni, lunedì mattina, intorno a mezzogiorno ore italiane, un contingente di cento soldati ha circondato il ministero dell’informazione con l’ausilio di alcuni mezzi (si parla di due carri armati). All’interno della struttura si trovava anche la figlia del presidente eritreo, .
Il gruppo ha interrotto la programmazione della Eri-Tv, la rete di Stato, richiedendo la lettura di un comunicato che domandava l’implementazione della costituzione del 1997 e il rilascio di prigionieri politici. L’edificio governativo è stato subito circondato da mezzi militari mentre, rende noto l’Agence France-presse (Afp), il resto della città rimaneva calmo. Le trasmissioni sono poi riprese regolarmente poche ore dopo, senza accennare a quanto accaduto.
Martedì mattina, la situazione nella capitale sembra essere tornata alla piena normalità, almeno secondo il portavoce del presidente, . I disertori si sarebbero arresi, dopo esser entrati in contatto con il governo. Ancora incerta l’identità di chi ha guidato la manovra, ma il nome che circola con più insistenza sulla rete già da lunedì è quello di Saleh Osman, un colonnello dell’esercito noto in Eritrea per aver salvato il porto di Assab dagli etiopi durante la guerra del 1998-2000, contro gli ordini del governo stesso che gli imponeva la ritirata.
Il gruppo non ha richiesto la rimozione diretta del presidente in diretta Tv. Dunque potrebbe anche non essersi trattato di un tentativo di rovesciamento politico. Il comunicato si è concentrato sulla questione dei prigionieri politici, che secondo le Nazioni Unite si aggirerebbero tra i cinque e i dieci mila, e sull’attuazione della costituzione, con presumibile riferimento alla questione delle mancate elezioni, al parlamento fantasma che non si riunisce da anni, alla messa al bando dell’opposizione.
Una delle ultime esperienze di opposizione risale a quella promossa dal gruppo G-15, circa dieci anni fa circa. Dei quindici firmatari dell’appello sull’attuazione della carta costituzionale, undici sono stati imprigionati, tre sono scappati negli Usa e uno è rientrato all’ovile di Afwerki. L’accusa di tradimento potrebbe attendere al varco anche il centinaio di ribelli.
Se non di un coup, si tratterebbe perlomeno di un appello all’allentamento della morsa governativa in un paese che, dati alla mano, è uno dei più repressivi al mondo (è  recente lo scandalo sul presunto ricorso al lavoro forzato per la costruzione di una miniera) e si classifica all’ultimo posto per quanto riguarda la libertà di stampa. Si stima che ogni giorno, circa cento persone, cittadini eritrei, scappano dal regime passando per il Sudan.

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